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Zoetrope – American gangsters

QUATTRO COLONNE IN CRONACA NERA

A dispetto di un nome delicatissimo (lo “zootropio” è un dispositivo ottico inventato da William George Horner nel 1834, da bambini lo abbiamo avuto tutti per le mani, come primo stupefacente mezzo per osservare elementari sequenze di immagini e disegni in movimento), nella seconda metà degli anni ’80 gli Zoetrope di Chicago sono stati fautori di una selvaggia mescola di sonorità speed metal e hardcore, talora definita thrash, da loro stessi etichettata “street metal”, ad indicare soprattutto l’approccio formale alla materia più che l’effettivo contenuto. Con un immaginario fatto di quotidianità criminale, gangster, reati e delinquenza, gli Zoetrope hanno rispettato a modo loro il significato più autentico del proprio nome, “zoe” (ζωή – “vita”) e “tropos” (τρόπος – “giro, volta”), mettendo in scena, anzi in musica, la “ruota della vita” (da strada).

Contenuti:

1. Chicago criminale (1976 – 1984)
2. Fedina penale (1985 – 1987)
3. Falso d’autore (1988 – 1993)

1 – Chicago criminale

Nel 1991 ascoltavo mille volte al giorno l’omonimo debut album dei Mindfunk, in piena botta funky metal (che periodo irripetibile!) anche l’album di questi conterranei di Bon Jovi era una tappa ineludibile, dotato di un sound fresco, irriverente, “alternativo” per davvero a ciò che perlopiù si sentiva in giro, anche e soprattutto in ambito metal. Le dieci tracce in scaletta erano una continua scoperta, persino dopo averle percorse e ripercorse una infinita quantità di volte. Un disco che poggia su una formazione in stato di grazia, nella quale ogni singolo musicista dà il proprio apporto e contribuisce al risultato finale, classificabile con niente di meno che eccellente. Alla batteria c’è Reed St. Mark dei Celtic Frost (figuriamoci!), mentre alla chitarra c’è Louis Svitek, fino al giorno prima nei M.O.D. di Billy Milano. Come sempre quando mi innamoro di un disco o di una band, comincio a cercare cos’altro hanno combinato in carriera quei musicisti; inizio ad addentrarmi nelle profondità del Tempio Maldetto del Metal, come un novello predatore dell’Arca Perduta contenente altri dischi che possano idealmente ricondurmi a ciò che sto ascoltando ed apprezzando in quel momento. Svitek ad esempio, oltre ai suddetti M.O.D., compare sulla copertina di “A Life Of Crime” (1987), secondo album dei suoi concittadini Zoetrope. Sull’esordio del 1985 – “Amnesty” – non è presente, ma nell’album successivo invece è accreditato alla chitarra ed il suo bel faccione è schiaffato in copertina, dietro le sbarre come quello di tutti i compagni, per la precisione a ore 6, tra gli sguardi torvi di George “Baby Face” Nelson e Charles “Pretty Boy” Floyd. 

Senza pensarci due volte acquisto “A Life Of Crime” in vinile, per altro gran bel packaging, con la copertina interna che estratta da quella esterna cartonata dà veramente la sensazione dei gangster che escono di prigione. I 34 minuti di musica mi piacciono subito, al primo ascolto; rozzi, grezzi e aggressivi, roba completamente diversa dai Mindfunk per genere, attitudine e periodo storico. Bene, ottimo, vedi che faccio bene a cercare le altre band in cui militano i musicisti di un bel disco? Per anni mi sono gongolato nella soddisfazione di aver messo le mani sugli Zoetrope di Louis Svitek (“quello dei Mindfunk“) salvo poi scoprire che la chitarra su “Life Of Crime” è suonata da Ken Black, chitarrista di “Amnesty”, il quale aveva lasciato gli Zoetrope alla viglia della registrazioni del nuovo album (avvenute in trasferta, a Los Angeles), per far ritorno a Chicago e dedicarsi alla propria disintossicazione. Beh, per quanto dichiarato dallo stesso Black e corroborato dall’altro chitarrista Kevin Michael, il buon Ken le sue parti le aveva finite e consegnate da professionista, poi se n’era tornato a casa. Svitek insomma arriva giusto in tempo per farsi la foto da mettere in copertina ma non per appoggiare il suo plettro sulle corde. Segue la band nel tour del disco, quello sì, ma poi nell’88 è già altrove, gli Zoetrope sono archiviati tra le band in cui ha militato in passato, lettera Z, ultimo cassetto in basso. Insomma, avevo in mano “Life Of Crime” grazie a Svitek senza che Svitek avesse mai avuto in mano “A Life Of Crime”.

Questi sono stati il mio incontro e la mia introduzione agli Zoetrope, band “minore” (parecchio minore) come fama e considerazione, autrice in carriera di 3 album, qualche demotape ed un 7”. A dispetto della contenuta produzione discografica, si farebbe un gran bene a recuperarne almeno un paio di titoli poiché potremmo scoprire musica di ottima fattura, a patto naturalmente di gradire un thrashcore (di matrice ottantiana) verace, possente e in your face. La nascita del gruppo fa data addirittura al 1976, quando quattro ragazzi si mettono assieme per far caciara, prepotentemente influenzati (musicalmente parlando) dai brutti ceffi più brutti ceffi della loro città, Chicago, quella a più alto tasso di criminalità di tutti gli States. Barry Stern (batteria), Kevin Michael Rasofsky (chitarra) e Calvin “Willis” Humphrey (basso) partono dalle cover, come tutti, ma una volta presa dimestichezza ed accumulata un po’ di esperienza con gli strumenti si avventurano nella composizione di materiale proprio, grazie anche all’affiancamento di una seconda chitarra, quella di Ken Black. Questo gran lavorìo porta alla pubblicazione di un primo singolo nel 1980, “The Right Way”/”Call 33”. L’ambito della guerriglia degli Zoetrope è quello della scena locale punk e hardcore che fa capo all’O’Banions, il locale dove si esibiscono le migliori band del posto (perlomeno secondo chi lo frequenta e secondo i Zoetrope). A testimonianza della stabilità di quelle radici, nel 1986 Black e Stern si occuperanno anche di produrre l’omonimo album d’esordio dei Life Sentence, piccoli grandi eroi del punk rock di Chicago. 

L’attività degli Zoetrope e la messa in circolazione di loro demotape attira l’attenzione della Combat Records (di New York) che li mette sotto contratto per la release di un primo lavoro ufficiale. La band ama autodefinirsi “street metal”, un’etichetta più concettuale che strettamente musicale. I Motley Crue, gli L.A. Guns, gli Hanoi Rocks, gli Skid Row, etc., erano “street”, a indicare un’attitudine a metà strada – per l’appunto – tra il bullismo ed il coltello a serramanico, una vita senza compromessi, randagia, anarchica, ribelle, situazionista, sempre sul ciglio del marciapiede. Una variante dello “sleaze” (termine associato al glam e all’hair metal), ovvero letteralmente “sporco”, “squallido”, “trasandato”, quindi una versione assai più malconcia delle fighette impomatate alla Poison (che poi, i Motley Crue di “Theatre Of Pain” in fondo non erano quella cosa lì?). Fatto sta che l’idea di “street” degli Zoetrope mira a tutt’altro bersaglio, loro sono “street” perché vivono “per street”, ragionano come si ragiona “nella street”, pane al pane e vino al vino, per loro insomma è sinonimo di vita hardcore, una parola è troppa… e due ti fanno tagliare la gola. Etichettati un po’ sbrigativamente come thrash (sovente associati agli Exciter, per averne condiviso il palco, per la velocità dei bpm e per la peculiarità di avere un batterista cantante), impregnati di un’attitudine hardcore, innegabilmente pervasi di accenti heavy metal (per qualcuno una sorta di versione fracassona e penalmente rilevante dei Motorhead), quando suonano dal vivo gli Zoetrope hanno la capacità di attrarre pubblico trasversale ai confini di genere, guadagnandosi meritatamente consenso e reputazione.

II – la fedina penale

Prodotto da Randy Burns (Megadeth, Nuclear Assault), “Amnesty” arriva nei negozi e non sconvolge la scena, è l’ennesimo album che esce verso la metà degli anni ’80, ci sono altri nomi che rubano le copertine della stampa specializzata e gli Zoetrope, ancorché solidi, hanno l’allure di mestieranti ai limiti dell’anonimato, cosa che suppergiù sono. Questo fa sottovalutare parecchio la portata di “Amnesty”, che è un gran bel disco e potrebbe fregare parecchia della concorrenza coeva se solo venisse debitamente considerato. L’amalgama funziona bene, quando c’è da menare roncolate gli Zoetrope sanno farlo (come in “Indecent Obsessions”, “Break Your Back”, “Trip Wires” o nella title track), e più in generale l’intero album ha movenze intimidatorie e attaccabrighe con quei suoi titoli da Guerrieri Della Notte in servizio permanente effettivo (“uccidi il nemico”, “mercenario”, “amnistia”, “membro di una gang”, “ti rompo la schiena” e “trip wires”, che sarebbe il filo d’innesco delle mine), tuttavia gli Zoetrope hanno pure la capacità di sorprendere con passaggi più squillanti e ai limiti dell’hard rock. Prendete ad esempio “Mercenary” o “Another Chance”, ripulite un po’ le chitarre dal fango di strada e ditemi se non ci sentite echeggiare dentro i Kiss più metallici di “Creatures Of The Night”. “Creatures” invece (la canzone) mi ha fatto subito venire in mente altri hardcorers, newyorkesi però, i Leeway di “Born To Expire” che nel 1989 avevano sicuramente ben metabolizzato la lezione “crossover” di band come gli Zoetrope. Lo “street metal” dei nostri è diretto, senza stratificazioni, con melodie ridotte ai minimi termini (ma non del tutto assenti), ritmiche basiche ma stentore, ed un batterista cantante (Barry Stern) che conduce le danze in modo marziale, asciutto e nervoso. Nella sua concretezza e semplicità “Amnesty” convince a pieni voti, indipendentemente dal fatto che gli Zoetrope non vengano invitati ad aprire i concerti negli stadi per Bruce Springsteen.

Il responso del disco è comunque sufficiente a garantire agli Zoetrope perlomeno la possibilità di incidere un seguito; per farlo volano a Los Angeles ed è in questo frangente – come detto – che Ken Black fa ritorno a casa per mettersi a posto con le proprie dipendenze. Agli atti, ovvero sui credits dell’album, è attestato come voce, chitarra ritmica e solista di “Unbridbled Energy”, ma di fatto la chitarra la suona su tutto l’album. L’artwork è una versione di “Physical Graffiti” dei Led Zeppelin declinata al crimine e fa il suo bell’effetto (possibilmente con un vinile in mano, anziché una ristampa cd). La scaletta di “A Life Of Crime” porta avanti e sublima il discorso intrapreso con “Amnesty”, complessivamente parlando ne è una versione migliore sotto ogni aspetto, produzione, focalizzazione del sound, maturità compositiva. Chitarre sempre tirate e seghettate, batteria “lineare” ma dannatamente efficace, basso affidabile e devoto al lavoro di squadra, le vocals di Stern magistralmente bilanciate tra sporcizia e personalità. La velocità media è alta ma la forma-canzone degli Zeotrope non è mai monotona (come talvolta capita con l’hardcore).  Parecchi amici si avvicendano come ospiti per le back vocals, e tra questi anche El Duce e Sickie Wifebeater dei The Mentors. “Detention” è una bomba di apertura e stabilisce le regole d’ingaggio senza equivoci. “Nasa” è un episodio curioso, intanto perché è un mid-tempo cingolato, poi perché si avventura nella descrizione del disastro del Challenger (28.01.86), tematica avulsa dal consueto contesto stradaiolo delinquenziale caro agli Zoetrope (si veda in tal senso “Pickpocket”, “Seeking Asylum”, “Prohibition”, “Promiscuity”). “Unbriedled Energy” è un martello clamoroso, i Motorhead che incontrano i Sodom e assieme vanno a sfondarsi di birra nella peggiore bettola di tutto l’Illinois. Probabilmente fra gli highlights dell’album con “Detention” e “Pickpocket”. Rispetto ad “Amnesty” l’unico retaggio che conserva vaghe reminiscenze hard rock è “Company Man” (dotata di un gran bell’assolo). La “vita criminale” si chiude con la devastante “Hard To Survive”, una bordata che avrebbe fatto invidia anche al Mike Tyson dei giorni migliori.

III – falso d’autore

Dopo l’album arriva il tour, con Svitek al posto di Black. Durante il tour Svitek lascia per andare nei Method Of Destruction di “Surfin’ M.O.D.”. Dopo il tour arrivano i concittadini Trouble che si prendono pure Stern (suonerà sull’album omonimo del 1990, il loro capolavoro, e su “Manic Frustration” del 1993). Gli Zoetrope sono dimezzati ed è Kevin Michael a caricarsi le macerie sulle spalle. Ci mette un bel po’ a rincollare i pezzi, tuttavia non intende mollare quel marchio che almeno un minimo di visibilità l’ha avuta. Ci mette un lustro abbondante però per tornare vivo e vegeto, discograficamente parlando. I “nuovi” Zoetrope non hanno praticamente nulla a che vedere con i vecchi, Michael è l’unico anello di congiunzione, i suoi attuali compagni sono dei carneadi sconosciuti e “Mind Over Splatter”, sebbene non effettui uno sconvolgimento del sound a livello stilistico, è solo una copia sbiadita della qualità e della veemenza degli Zoetrope ’85 – ’87. Dodici tracce per circa 40 minuti di musica, anche prodotta da Michael (per altro in un contesto storico radicalmente cambiato ed ancora più indisponibile a recepire quel tipo di proposta). Forse l’album viene ricordato più per il fatto che “New World Order” – traccia numero 3 in scaletta – è scritta da Mustaine, Ellefson e Menza (i Megadeth se ne riappropriano nel 2011 su “Th1rt3en”, sebbene ne avessero già registrata una versione che sarebbe dovuta finire nel remastered di “Youthanasia” del 2004), che per pregi propri. Scorre anonimo, modesto, non lo si può definire “brutto” in modo conclamato ma certo se ne può fare a meno (se non per mero completismo in materia Zoetrope). La diaspora dei vari membri ha poi visto Svitek passare dai M.O.D. ai Mindfunk ed ai Ministry (per citare le band più famose), per poi fondare una sua label a Chicago (la Wu Li Records) tutta centrata sull’hip hop. Stern è transitato per i Cathedral in occasione del tour di “The Ethereal Mirror” del 1994, appare come ospite sul debutto dei Debris Inc., assieme a membri dei Saint Vitus e dei Trouble (e come corista su “Handle With Care” dei Nuclear Assult), infine muore nel 2005 per i postumi di un intervento chirurgico all’anca. I Trouble dedicheranno alla sua memoria l’album “Simple Mind Condition”. Ken Black e Calvin Humphrey si sono cimentati con band ancora più infinitesimali degli Zeotrope. “Amnesty” e “A Life Of Crime” sono stati ristampati in Europa da Century Media nei tardi ’90 (come tutto il catalogo della Combat) permettendo al nome della band di riprendere a circolare per un po’ e guadagnare qualche nuovo archeologo impegnato nella ricerca di gemme del passato.

Zoetrope

Discografia Relativa

  • 1985 – Amnesty
  • 1987 – A Life Of Crime
  • 1993 – Mind Over Splatter

1 Comments

  • Antonello
    Posted Agosto 13, 2022 at 10:00 am

    Ciao Marco, grande band gli Zoetrope, mi aspettavo un tuo articolo … ;-)

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