Periferia dell’impero, periferia del metal, sei menestrelli teutonici immaginano un viaggio in Terra Santa e lo mettono in musica. Dopo un primo capitolo ne scrivono altri quattro, occupando un decennio, i primi anni 2000, raccogliendo scarsissimi consensi fino a scomparire nel disinteresse generale e nell’anonimato. Ma i blog come The Elder’s Orient hanno esattamente questa missione, il recupero di eroi minori. I Morgenstern hanno scritto belle canzoni, ne hanno scritte anche di brutte ma spesso tanti preferiscono buttar via il bambino con l’acqua sporca, in un delirio borchiato di integralismo onanista. Io invece sono qua a dirvi che tra gli sparuti acquirenti dei dischi dei Morgenstern c’era proprio il sottoscritto e in loro compagnia ho trascorso diverse ore liete sulla strada per Gerusalemme.
Contenuti:
1. Mezzadria in Turingia (1997 – 1999)
2. Dal battesimo alla vendetta (2000 – 2001)
3. Stato di ebbrezza e fuoco catartico (2002 – 2009)
1 – Mezzadria in Turingia
Intendiamoci subito, i Morgenstern non sono una di quelle band fenomenali ma “criminalmente” trascurate, non hanno pubblicato capolavori ignorati o sottovalutati, hanno militato tra le seconde ma anche terze fila delle legioni del folk metal teutonico dando vita ad onesti album perolpiù ignorati dall’audience borchiata, a torto o a ragione. Sono stati sovente accostati ai Subway To Sally e soprattutto agli In Extremo con un buon grado di approssimazione poiché il calderone è effettivamente quello. La principale critica rivolta loro è stata la scarsa originalità, una certa povertà compositiva unita ad un carattere tedesco sin troppo spiccato, il che vuole dire ritmiche quadrate e poco fantasiose, canzoni scarne e compatte come panzer. C’è un buon margine di verità in tutto ciò ma comunque non è sufficiente a descrivere esaustivamente i Morgenstern, con altrettanta onestà intellettuale andrebbe riconosciuto loro anche il buono che hanno saputo evidenziare in carriera, naturalmente a patto di ritrovarsi nel loro genere di appartenenza, un folk metal dalle tinte medievaleggianti, agresti, vagamente millenaristico, indissolubile da elementi fantasy e “gioco-di-ruolistiche”. Pochi panegirici e trionfalismi celebrativi dunque, diamo ai Morgenstern quel che è dei Morgenstern e credetemi, del valore c’è e merita di essere messo sotto la lente di ingrandimento di chi abbia voglia di approfondire.
Che i tedeschi di Bad Salzungen in Turingia siano stati tra i gruppi più ignorati del panorama folk metal dei primi 2000 corrisponde ad un oggettivo dato di realtà, collaterali e periferici a tal punto che è persino arduo trovare notizie, riferimenti, foto ed informazioni che li riguardino online, tranne una scarna paginetta in tedesco su Wikipedia. Hanno attraversato il firmamento musicale senza lasciar grandi tracce nonostante una decina d’anni di attività, cinque album ed un contratto con Napalm Records, che il suo peso nel circuito metal lo ha e lo ha avuto. La fondazione della Stella del Mattino viene fatta risalire al febbraio del 1998 grazie al connubio di Jens “Yenser” Hülpüsch (chitarra), Matthias “Ulli” Ullmann (voce e batteria), Susanne Kley (voce, flauto e clarinetto) e Steffen Richter (basso). A questo nucleo si unisce poi Dirk Necke (tastiere e shawm, che sarebbe suppergiù la ciaramella rinascimentale, detta anche sciallello o sciallo, sostanzialmente un flauto con una doppia ancia e un tubo forato di forma conica). I primi due anni di vita della band vengono impegnati nella produzione di demo e partecipazioni a compilation. Già nel 1998 producono “Hexenhammer”, grazie al quale si esibiscono dal vivo in Turingia, Assia e Sassonia come band di supporto ai Subway To Sally, Skyclad, Inchtabokatables e Mutabor. Il terreno di riferimento è evidente anche solo a giudicare dal nome di questi padri putativi. Nel frattempo si aggiunge una seconda chitarra, quella di Manuel “Maan Man” Möckel, e arriva pure il secondo demo, “Operie Femina”. E’ grazie ad esso che si concretizza il contratto con l’austriaca Napalm Records. Il frutto di questo sposalizio porta dritto al debutto discografico, “Feuertaufe”, anno del Signore 2000.
II – Dal Battesimo alla Vendetta
Il Battesimo Del Fuoco – questa la traduzione in italiano – è un buon disco che da subito evidenzia una caratteristica che la band si porterà dietro praticamente sempre, l’incapacità di reggere per una intera scaletta sui medesimi livelli qualitativi, alternando ottime intuizioni a momenti più modesti. L’artwork di copertina è suggestivo, ritrae la band come una sorta di compagnia medievale in un paesaggio coerente con il contesto generale ma anche piuttosto innaturale, vista la componente rosso-apocalisse del cielo. Fa il paio con la canzone che apre la scaletta “Stern For Bethlem”, la stella per Betlemme, il viaggio mistico e spirituale dei fedeli verso la Terra Santa. Più avanti troviamo “Bruder Tod”, il fratello (monaco) Tod e “Jerusalem”. I Morgenstern sono alla ricerca di un’ambientazione tanto visiva quanto musicale mediante il ricorso anche a strumentazione d’epoca, tipicamente folk. Tuttavia le chitarre graffiano sempre, ininterrottamente, non concedono morbidezze ai flauti e ai clarinetti, così come la sezione ritmica si attesta perlopiù su patterns quadrati e indubbiamente assai “germanici”, facendo da contraltare alle brume dell’immaginifico mondo medieval-fantasy dei Morgenstern che però è confinato all’immagine e parzialmente al sound, poiché a livello lirico la band riveste di una lingua antica tematiche tutto sommato moderne o comunque universali e non esclusivamente ascrivibili ai cosiddetti Secoli Bui.
Con la suddetta “Stern For Bethlem” la partenza è più che buona, niente “fulmicotone” (una volta o l’altra lo dovevo pur scrivere….), niente assalto all’arma bianca, bensì una costruzione della forma canzone che procede per gradi, si prende il suo tempo e si caratterizza per una strofa “a filastrocca” molto intrigante e piacevole, che si ficca subito in testa. La ripetizione ossessiva dell’alleluia nel ritornello dà un marchio indelebile allo “spirito” del brano. “Das Katzentier” (il gatto) presenta una linea vocale che echeggia reminiscenze hardcore punk su di un tappeto sonoro assai tarchiato e spalluto, ancorché sempre “guastato” dall’intervento del flauto. “Operie Femina” presenta un chorus “gregoriano” dal forte sapore chiesastico che caratterizza fortissimamente il pezzo, quasi impossibile non ritrovarsi a canticchiare il ritornello dopo anche un solo ascolto. Nella seconda metà della scaletta il trittico “Jerusalem”, “Der Erlöser” e soprattutto la bellissima “Hexenmeister” si segnala come il vero climax dell’album, tre pezzi davvero notevoli capaci di esprimere il meglio dei Morgenstern anche se, come detto, non tutti i pezzi in scaletta sono al medesimo livello.
L’album riscuote consensi discreti ma certo non fa guadagnare le prime pagine ai Morgenstern, la loro rimane una proposta di nicchia all’interno di un genere di nicchia per definizione. Tra power metal e black metal il mondo della borchia elettrificata non dedica grandi attenzioni alle loro sonorità. Ciò nonostante, forti di un debutto tutto sommato solido, i Morgenstern in appena un anno tornano già con un successore, “Heute Ist Die Rache Meine”, sempre per Napalm e con l’avvicendamento al basso di Jörg Hülpüsch (fratello di Jens) al posto di Richter, e con l’inserimento di Rico Ihling come ulteriore vocalist. Un profilo importante che permeerà di sé le successive uscite della band. E proprio lui intanto a conquistare la copertina dell’album, con la sua pelata ed in sella ad un cavallo bianco. Stavolta il cromatismo predominante è verde e la figura del cavaliere mantiene l’ambientazione avviata con “Feuertaufe”. Il titolo poi è biblico: “Oggi la vendetta è mia”. Si parte molto bene con “Verräter” (il traditore), grande tiro e grande potenza, un uso ancora più centrato e focalizzato di flauti e clarinetti, anche se la produzione conferisce alle chitarre un suono eccessivamente compresso a mio parere. “Ach So Bald” fa il paio con “Verräter”, con quelle sue ocarine che sembrano quasi prendere in giro l’ascoltatore intonando una sorta di cantilena fanciullesca dal sapore antico. I Morgenstern costruiscono sul minimalismo le loro canzoni, c’è del metal, c’è della rozzezza teutonica, c’è l’afflato del Medioevo e c’è una certa ingenuità di fondo che rende l’amalgama tanto gradevole quanto genuino. Segnalo anche “Hexenjagd”, “Bis Aufs Blut” e “Der Diener” (una traccia acustica) tra i momenti migliori di questo capitolo discografico.
“Heute Ist Die Rache Meine” è un album solido, rispetto a “Feuretaufe” mantiene il livello e personalmente forse lo preferisco, credo a causa di una maggior maturità complessiva, tuttavia all’epoca si guadagna ingenerosamente il titolo di peggior album del mese sull’edizione tedesca di Rock Hard. Questo giudizio azzoppa fortemente le quotazioni di una band che già di per sé non era inserita in un percorso particolarmente esposto ed esplosivo. Con una simile nomea diventa sostanzialmente oggetto di bullismo a mezzo stampa, anche e soprattutto perché “Heute Ist Die Rache Mein” non merita affatto un’etichetta del genere, al netto dei gusti personali sui quali non est disputandum.
III – Stato di Ebbrezza e Fuoco catartico
Nel 2002 arriva “Rausch”, band al completo in copertina, sempre con abiti medieval fantasy che svariano dal personaggio dello stregone a quello del monaco, un sigillo rosso in basso a destra ad immortalare questo terzo capitolo ed una dominante total black. Stessa formazione di “Heute Ist Die Rache Mein” e ospitata di Jens Bachmann, chitarrista degli Antichrisis – connazionali e compagni di folk metal (con tinte anche gothic e black) – ma qui anche produttore. Anche “Rausch” prosegue coerentemente quanto già ascoltato in precedenza da parte dei Morgenstern, “Ketzer”, “Gift”, “Ich Brenne”, “Inquisition” e “Herzklopfen” sono episodi a mio avviso più che pregevoli, gli ultimi due in particolare potrebbero candidarsi tra le migliori canzoni mai scritte dalla band. “Rausch” evidenzia un chitarrismo deciso, più robusto e irsuto che mai, senza per questo perdere i riferimenti al mondo rurale di stampo medievale caro alla visione dei Morgenstern. Dalla stampa l’album viene maggiormente apprezzato del suo predecessore anche se il bacino di utenza dei Morgenstern rimane comunque ridotto e piuttosto circoscritto, il folk metal in lingua tedesca rimane un genere per pochi, un capriccio da intenditori.
Il 2004 vede la band andare in tour in Messico contestualmente all’uscita del quarto album, il giallissimo “Fuego”, prodotto da Alexander Krull degli Atrocity ai suoi Mastersound Studio. Un investimento da parte della band, forse un ultimo tentativo di affermarsi e guadagnare uno status sin qui (ancora) mai raggiunto. Non andrà bene. L’impronta di Krull si sente anche ben oltre il mastering, “Fuego” è il disco più metal dei Morgenstern e pure l’apporto degli strumenti a fiato, ovvero della variabile folk, qui è alquanto ridimensionato. Se “Rausch”, giudicato positivamente, non aveva fatto riprendere le quotazioni dei Morgenstern, figuriamoci “Fuego”, che dei quattro album pubblicati sin qui è il meno brillante, non un passo falso ma un lavoro complessivamente meno forte dal punto di vista del songwriting, con alcuni buoni passaggi come “Untertan”, “Carnival”, “Blut” e “Sommernacht”, altri più modesti, e con la canzone probabilmente più brutta di tutta la carriera della band, “Abwärts”, quasi un maldestro scimmiottamento degli AC/DC in chiave Morgenstern che lascia il tempo che trova. Ihling, Ullmann, Kley e Necke lasciano la formazione per insanabili divergenze tanto musicali che personali, una vera e propria diaspora che di fatto azzoppa i Morgenstern. I quattro mettono in piedi il progetto Solar Plexus, che pubblicherà due titoli sotto STF Records. “Fuego” avrebbe dovuto far sbocciare i Morgestern invece li fa implodere.
Apparentemente il progetto muore ma i fratelli Hülpüsch non si danno per vinti e infondono nuova vita alla loro creatura chiamando a raccolta nel 2005 nuovi musicisti, Chrissi Vogt alle tastiere, Karsten Schwantes alla batteria, Tino Saabel alla chitarra e alla voce. Per qualche tempo si vocifera di un nuovo album che tuttavia non verrà mai pubblicato. Anzi, nel 2008 la formazione originale sotterra l’ascia di guerra e si ritrova, eccezion fatta per il batterista Frank Albrecht, che rimane unicamente con i Solar Plexus. Viene pubblicato “Geister” (2009), un lavoro autoprodotto di difficilissima reperibilità… che infatti non sono mai riuscito a reperire! Nel 2010 i Morgestern cessano di esistere, non pare che “Geister” – descritto come piuttosto in scia di “Fuego” – abbia sortito alcun effetto provvidenziale sulla loro sopravvivenza, anzi si è rivelato purtroppo una pietra tombale. Ed a proposito di tombe… il 17 giugno 2012 lo sfortunato Matthias “Ulli” Ullmann perde la vita in un incidente sul lavoro.