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MAXINE E ROXY PETRUCCI: LE SORELLE CON L’X FACTOR

CHE CE L'ABBIANO FATTA O MENO, LA LORO È UNA ROMANTICA ROCKSTORIA

Di evidenti origini italiane, belle, brave, hanno attraversato quattro decadi di musica rock e sono ancora in marcia. Non sempre in prima fila ma senza mai mollare. Roxy ha raggiunto il momento di maggior successo all’epoca dei primi due album delle Vixen (’88 – ’90), milioni di copie vendute, classifiche, fama e dischi d’oro. Maxine è stata la fiammeggiante chitarra dei seminali Madam X (’81 – ’85) e ha poi dato avvio ad una carriera solista a mio modesto parere affatto trascurabile (’15 – ’13). Prima, durante e dopo tante collaborazioni, progetti, band, contratti, qualche carta bollata, fallimenti e ripartenze senza di cui lo spirito rock non si tempra, e di tempra le Petrucci ne hanno sempre avuta da vendere.

Contenuti:

1. Petrucci X (1975 – 1988)
2. Golden foXes (1988 – 1991)
3. Silver foXes (1993 – 2023)
4. Full force rockin’ MaXine (1992 – ‘2017) 
5. Van Petrucci

1 – Petrucci X

L’amore per il rock delle sorelle Maxine e Roxy Petrucci deriva dal fratello Remo, che fa ascoltare loro da ragazzine vinili su vinili dei Black Sabbath, di Jimi Hendrix, degli Humble Pie, delle Fanny, dei Led Zeppelin, di Robin Thrower. Lui suona il clarinetto ed il sax perché papà Antonio ha fatto imparare almeno uno strumento ad ognuno dei suoi cinque figli. Maxine ad esempio suona il flauto, Roxy il clarinetto, Ida la fisarmonica, Paul il basso (Jeanny onestamente non lo so ma è un portento a disegnare). Antonio stesso strimpellava il sassofono in gioventù, ma la Seconda Guerra Mondiale lo aveva tenuto alquanto occupato rispetto alla musica. C’era poi pure lo zio milanese Oreste Petrucci che suonava la tromba e si esibiva con la Grigioni Band. I Petrucci risiedono a Cassino nel dopoguerra, dove Antonio lavora per mantenere la moglie Angelina ed i figli. I ragazzi suonano nella banda della scuola. Quando Maxine ha 12 anni Antonio le compra la sua prima chitarra, mentre Roxy prende lezioni di batteria, piuttosto inusuale per una ragazza all’epoca. Aveva provato a suonare “War Pigs” con il clarinetto ma era rimasta decisamente delusa dal risultato. E’ un concerto dei Sabbath del 1975 con tanto di assolo di Bill Ward a fulminarla sulla via delle pelli. In quel periodo Roxy è suggestionata dal jazz ma si rende conto che la risposta del pubblico al cospetto del rock è assai più vivace e liberatoria, qualcosa che evidentemente il jazz non riesce a scatenare. 

Le sorelle si incaponiscono a voler formare una band e iniziano delle audizioni. Al termine della selezione i prescelti sono due sciamannati rispondenti ai nomi di Chris Doliber (per il basso) e Bret Kaiser (al microfono, il “frontman”). Roxy e Maxine uniscono la X che hanno nel nome et voilà, nascono i Madame X (1981). Inizialmente suonano dal vivo eseguendo cover dei loro idoli. Il primo contratto arriva a seguito di uno show incandescente a Hollywood al quale assiste un agente della Jet Records che segnala la band al boss dell’etichetta (Don Arden, nientemeno che il patrigno di Ozzy Osbourne). Oltre alla musica i Madame X si propongono con un fortissimo impatto visivo sul palco, coniugando forma e sostanza, già consapevoli che il confine tra sound e spettacolo è qualcosa di ineludibile se suoni su un palco dalle parti di Hollywood. Per loro stessa ammissione l’offerta di incidere un album d’esordio arriva forse troppo presto, i Madame X avrebbero avuto bisogno di farsi ancora le ossa, rodarsi e costruirsi, ma i treni vanno presi al volo, dire di no alla fortuna è pericoloso. Come produttore viene loro assegnato Rick Derringer, leggenda delle sei corde (autore della celebre “Rock And Roll, Hoochie Koo”) con una lunga e prospera carriera alle spalle, compresa le collaborazioni con i fratelli Johnny ed Edgar Winter e con gli Steely Dan. Durante le registrazioni ci sono anche Carmine Appice e Robin Zander dei Cheap Trick in studio. I Madame X si sentono abbastanza sotto pressione ma danno il meglio che possono dare all’altezza del 1984.

“We Reserve The Right” mette assieme la muscolarità, la sfrontatezza, l’adrenalina e il party rock di band come Twisted Sister e Quiet Riot con una punta di metallo insidioso e sferragliante di matrice Judas Priest. Grazie all’album la band accompagna Lita Ford per alcune date negli States. Sembra prender piede anche un tour in Gran Bretagna ma il tutto in realtà si riduce ad apparizioni episodiche ancorché memorabili, come un concerto al Marquee con i Motorhead. Quando però i Madam X fanno ritorno in patria le novità non sono positive. La label ha difficoltà finanziarie, Bret Kaiser vuole seguire suo fratello in un altro progetto musicale e lascia i Madame X. Dalla rampa di lancio al parcheggio è un attimo, il gruppo si arena. Si è detto e scritto dei demotape di un secondo album che avrebbe dovuto licenziare sempre la Jet Records con tale John Ward al posto di Kaiser, ma quel che concretamente accade nel frattempo è che Roxy accetta la proposta delle Vixen di suonare la batteria per loro. Riceve una cassetta e sulle prime si dice dubbiosa di far parte di un gruppo solo al femminile, ma poi decide di scommetterci su. Viene sostituita da Marck McConnell. Intanto Ward come è entrato se ne esce ed al suo posto spunta addirittura un certo Sebastian Philip Bierk, che diverrà poi noto alle cronache con l’altisonante cognome di Bach e metterà a ferro e fuoco il New Jersey e l’America capitanando gli Skid Row. All’epoca però era solo un diciottenne dai lineamenti morbidissimi che viveva a casa dei Petrucci, tirato su a lasagne da mamma Angelina. Si narra che un giorno uno dei fratelli  Petrucci lo scambiò per una bellissima ragazza, mentre cantava con la sua vocina ed i capelli arruffati gli scendevano lungo il torace nudo. Nonostante vari tentativi di mantenere in vita i Madame X la band non ritrova il bandolo della matassa e quel monicker viene riposto in un cassetto. Dopo il 1984 “We Reserve The Right” conoscerà ben 3 diverse ristampe (2006, 2007, 2011) a testimonianza di un interesse rimasto vivo e perpetratosi nel tempo.

II – Golden FoXes

Le Vixen esistevano dal 1986 e venivano dal Minnesota, Roxy va ad affiancare Jan Kuehnemund (chitarra), Janet Gardner (voce e chitarra) e Share Ross (basso) per il primo omonimo album del 1988. Il successo nell’ambito del filone hair/glam metal del periodo è immediato, il disco raggiunge il 41° posto nella Billboard 200, dietro ci sono la Manhattan Records (divisione della EMI), Richard Marx, reuccio degli anni ’80, assieme ad un’altra pletora di stipendiati come i produttori David Cole (Bob Seger, Melissa Etheridge, Steve Miller, Tina Turner) e Spencer Proffer (Heart, Eddie Money, Beach Boys, W.A.S.P., Vanilla Fudge, Quiet Riot ed altri mille), oltre a Michael Landau e Vivian Campbell come chitarristi ospiti, poi Jeff Paris che porta in dote alcune tracce già comparse sul suo “Wired Up” del 1987 (“Cryin'”, “One Night Alone” e la bonus track per le versioni in cassetta e cd “Charmed Life”), ma anche la bonus track per il mercato giapponese “Give It Away”, sempre farina del suo sacco (attribuita a Geoffrey Leib, il suo vero nome), comparsa sul suo album “Race To Paradise” del 1986. Per quel che vale, il Rolling Stone magazine mette “Vixen” tra i 50 album hair metal più importanti di sempre. Più prosaicamente il disco ottiene lo status di “gold” nel febbraio del 1989 e certamente i due singoli – “Edge Of A Broken Heart”, “Cryin'” – trascinati dai relativi videoclip fanno sfracelli in tv e alla radio. “Vixen” sposta il sound parecchio lontano rispetto a “We Reserve The Night”, l’amalgama delle patinatissime Volpi è meno ruvido e spigoloso di quello che Roxy Petrucci aveva contribuito a plasmare con i Madame X. Ma anche le foto session delle ragazze sono di tutt’altra estrazione rispetto alla imbarazzante copertina di “We Reserve The Night”, che pare una versione hard rock post apocalittica della Famiglia Addams.

Con un debutto così ben accolto un seguito era ovvio, auspicabile e dovuto, ed infatti nel 1990 arriva “Rev It Up”. The times they were a-changin’ avrebbe detto Bob Dylan, il rock dell’America più colorata, cotonata e spensierata stava per subire l’assalto di sofferte riflessioni intimiste e a tratti financo necrofile. Dopo un intero anno speso in tour accanto a Ozzy Osbourne, Scorpions e Bon Jovi, oltre a molti show pure da headliner, le Vixen danno alle stampe il nuovo lavoro “Rev It Up”. Il contributo esterno al songwriting è sempre generosissimo, anche troppo, al punto tale che si levano critiche da parte di chi ritiene che la band tutto sommato non sia poi così abile oltre all’andare sul palco bellamente agghindata e suonare materiale scritto da terzi. Questo tipo di frecce avvelenate fanno il paio con chi aveva sempre guardato di traverso le Vixen in quanto ragazze. Share Ross Pedersen racconta di come puntualmente nelle interviste le chiedessero di chi fossero le fidanzate o se fossero state altre band come magari i Poison o i Motley Crue a scoprirle (in ogni senso) e proporle ai discografici. L’approccio era abbastanza avvilente e le Vixen dovevano dimostrare di essere brave e capaci il doppio rispetto ai colleghi maschi. Nulla di nuovo, nemmeno nel rivoltoso ed anticonformista mondo del rock. Le vendite di “Rev It Up” non eguagliano il predecessore anche se non si può parlare di fallimento, l’album va molto bene in particolare in Gran Bretagna dove si piazza al numero 20 nella chart nazionale. Le major però non perdonano. Il minor numero di copie, uno scetticismo mai sradicato verso quattro belle donne musiciste, dei dissidi interni dovuti alla direzione musicale da perseguire ed al ricorso massiccio di songwriter esterni (la Gardner soffriva particolarmente questo handicap di autonomia) e – last but not least – un disinteresse crescente verso l’hair metal oramai giunto alle battute finali, fanno si che la EMI scarichi le Vixen. Peccato perché “Rev It Up” è un buon album che mostra una band ancora in uno stato di forma invidiabile. I mesi trascorsi in tour con Deep Purple e Kiss rimangono l’ultimo segno positivo di un periodo che si conclude con lo smantellamento della band.

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III – Silver FoXes

E’ proprio Roxy Petrucci che nel 1997 si fa carico di riesumare le Vixen coinvolgendo ancora Janet Gardner, oltre alle nuove Gina Stile alla chitarra e Rana Ross (delle Phantom Blue) al basso. Le ragazze si sgranchiscono le ossa andando in tour e poi danno seguito alla discografia aggiungendo un terzo tassello inedito con “Tangerine” (1998) per CMC International negli USA e Eagle in Europa. I fan tradizionalisti lo considerano a fatica un album ufficiale delle Vixen, trattandosi di una formazione variata per 2/4, ma soprattutto per via di sonorità molto lontane da quella a cui erano abituati, sperimentali ed evidentemente interessate più al rock alternativo che all’hair/glam. Jan Kuehnemund scatena gli avvocati in quanto detentrice del nome e obbliga la band a smettere di usarlo. Secondo una versione la chitarrista avrebbe voluto farne parte ma non ne era stata informata, secondo una diversa ed opposta invece non ne aveva alcuna intenzione. Fatto sta che almeno grazie a “Tangerine” le sorelle Petrucci si riuniscono, poiché nel tour dello stesso anno della pubblicazione Maxine mette la propria ars chitarristica (elogiata e celebrata da molti colleghi a cominciare da Billy Sheehan, con il quale poi collaborerà) a disposizione della band sui palchi americani. Un secondo tentativo di reunion avviene nel 2001 stavolta ad opera della fondatrice Kuehnemund, con Janet Gardner, Roxy Petrucci e una nuova bassista, Pat Holloway. Strano a dirsi ma tra le ragazze tira una brutta aria… del resto appena 3 anni prima se le erano date di santa ragione a colpi di carte bollate. Risultato: tutte fuori tranne la Kuehnemund, la quale recluta altre soldatesse per portare a termine un tour e pubblicare addirittura ben due lavori nel 2006, il live “Extended Versions” registrato in Svezia e “Live & Learn”, che a dispetto del titolo diventa il quarto (ed ultimo) studio album delle Vixen. Anche in questo caso si fa fatica ad inquadrarlo come un disco a tutti gli effetti delle Vixen poiché di fatto è un album della Kuehnemund con tre gregarie, sebbene a livello di sonorità sia meno provocatorio di “Tangerine”, ma anche alquanto più spento rispetto agli esordi.

Nel 2004 il canale VH1 offre alla line-up originale di performare uno show celebrativo. Potere dei soldi. Accade, viene registrato e trasmesso in tv a novembre. Con l’occasione, siccome mai niente succede per caso, la Capitol (divisione della EMI) ristampa i primi due album. Le Vixen tuttavia sono due famiglie separate in casa, su di un versante pare fossero discretamente avanti i lavori per un seguito di “Live & Learn” (anche se di fatto poi il progetto non si concretizzerà), sull’altro lato del fiume le Vixen senza Kuehnemund proseguono sotto il monicker (un po’ da cover band) JSRG, mutuato dalle iniziali delle musiciste coinvolte – Janet/Share/Roxy/Gina – ma non approdano a nulla di concreto. Si dice che che la formazione originale stesse per riappacificarsi un’altra volta proprio quando sulla Kuehnemund piomba una diagnosi di cancro. Il 10 ottobre 2013 muore all’età di appena 59 anni. Tanto tragicamente quanto cinicamente la perdita libera il marchio Vixen da ogni zavorra legale e consente alle superstiti di continuare “nel nome di” Jan Kuehnemund. Le JSRG diventano le uniche Vixen titolate, con Roxy Petrucci nuova leader. Dopo alcune date nel 2014 tra Stati Uniti, Spagna e Canada, la band annuncia un fantomatico nuovo album. I proclami si trascinano fino al 2019 (nel frattempo Britt Lightning ha preso il posto di Gina Stile), quando la band pubblica “Live Fire”, un concerto arricchito da due tracce bonus, la cover di “You Ought To Know by Now” di Ray Kennedy e una rimasticazione acustica dell’eterno cavallo di battaglia “Edge Of A Broken Heart”. Un minuto dopo Janet Gardner lascia le Vixen e la musica con un annuncio shock su facebook. Altrettanto scioccante è il nome della sostituta chiamata a prenderne il posto, ovvero Lorraine Lewis, la voce, l’anima e la ragione sociale dei Femme Fatale, tra i principali concorrenti delle Vixen negli anni d’oro dell’hair metal americano, nonostante un solo omonimo album all’attivo. 

Il battesimo avviene su di un palco in Florida il 9 febbraio 2020. L’amazzone Lewis aveva già avuto modo di conoscere Roxy e la Ross ai tempi del progetto Rocktopuss, uno dei tanti tentativi della Petrucci di stare a galla e tirare a campare nei giorni di magra. Pende sulla testa delle Vixen il continuo rimando del nuovo album e alla fine la montagna partorisce un topolino, nel 2023 la band pubblica una nuova traccia, “Red”, scritta assieme a ben tre collaboratori esterni, Fred Coury dei Cinderella, la songwriter, musicista e performer Carly Robyn Green e Peter Amato. Il tutto per appena 3 minuti e 15 secondi. Al basso c’è Julia Lage, moglie brasiliana di Richie Kotzen, delle vere Vixen sostanzialmente rimane solo la Petrucci. Il pezzo è bellino, il video lanciato urbi et orbi è ammiccante, c’è una quantità stordente di silicone in quei 3 minuti. La Lewis pare perfettamente a suo agio in tale contesto, le signore sembrano divertirsi… e infatti, neanche il tempo di godersela e fantasticare su cosa sarebbero potute essere le Vixen 2.0 con Lorraine Lewis che la Femme Fatale si separa dalle sorelle acquisite ringraziandole del tempo passato assieme (quattro anni scarsi). Roxy Petrucci non si perde d’animo e tampona la situazione promettendo che la band andrà avanti e che l’ennesima frontwoman è già sul nastro trasportatore. Da dieci anni deve oramai arrivare un nuovo mitologico album che a questo punto credo potrebbe intitolarsi tranquillamente “Chinese Democracy”.

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IV – Full Force Rockin’ MaXine

Accantonati i Madame X, tentata la fortuna attorno al 1992 con le Hell’s Bell’s assieme alla sorella Roxy e a Lenita Erickson (che qualcuno ricorderà per l’omonimo album del 1996), e dopo aver messo un piede nelle Vixen periodo “Tangerine” nel 1998, Maxine prova a costruirsi una carriera per conto suo auto intestandosi una band alla maniera di Eddie Van Halen. Nel 2005 pubblica l’album “Titania”, il cui artwork la ritrae in guisa di sexy farfalla grazie alla matita della sorella Jenny Petrucci. La label che licenzia l’album si chiama Angelina, come sua madre, ovvero l’album è autoprodotto. La line-up comprende Maxine (basso, chitarra e voce) e Roxy (batteria), tra gli ospiti al basso c’è Paul Petrucci assieme a Billy Sheehan e Mike Pisculli. Nel 2008 è la volta di “Don’t Hate Me”, Roxy si affaccia solo su un paio di tracce, per il resto alla batteria c’è Charlie Glover e Paul è nuovamente ospite su un pezzo. Il progetto è tutto appannaggio di Maxine, questa è casa sua, scrive, canta, suona e sta in copertina assieme alla sua chitarra, con un’espressione un po’ sorniona e interrogativa che sembra chiederci: “embè… cosa mi manca?“. Oggettivamente nulla perché sia questo album che il precedente sono due pregevoli esempi di heavy metal guitar-oriented, Maxine è una validissima strumentista ed anche una songwriter con qualche buona idea nel pentolone. Magari sarebbero serviti più soldi, una vera label, un bel cast di musicisti (soprattutto un cantante di spessore) ed un team produttivo all’altezza di vendere adeguatamente il prodotto, ma la polpa c’era senza dubbio. Terzo ed ultimo lavoro (ad oggi) a portare la sua firma è “Back To The Garden” (2013), con una line-up minimamente più nutrita, ovvero Pat DeLeon alla batteria e Pete Hopersberger alle tastiere, entrambi accomunati dalla militanza nei Mellotrön e negli Imminent Sonic Destruction

Nel 2017 un po’ a sorpresa risorgono dalle ceneri, anzi dal cassetto dove erano stati chiusi, i Madam X addirittura con formazione originale al gran completo: Petrucci, Petrucci, Doliber, Kaiser. Dodici tracce nuove di zecca più un omaggio all’anthem “High in High School” che viene riproposto in versione anni 2000, oltre ad un’orrenda copertina in computer grafica che ritrae la band sotto forma di quattro diavolacci e la EMP Label-Group a produrre il dischetto, ovvero Dave Ellefson a firmare il contratto e Michael Wagener e Mark Slaughter rispettivamente alla produzione e al mixing. C’è spazio per riferimenti ai Kiss (“Detroit Black”), ai Motley Crue del periodo “Theatre Of Pain” (“Wish You Away”), persino una certa vigoria thrash sparsa qua e là, e una conclusiva “Bride Of Frankenstein” che non sfigurerebbe in mano ai Death SS. Davvero ottimi gli assoli che Maxine dispensa lungo l’intera scaletta. Janet Garner è ospite nella traccia “Freak Parade”.

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V – Van Petrucci

Quella delle sorelle Petrucci è una storia curiosa e affascinante, e soprattutto non ancora conclusa. Mi è sempre piaciuto pensare a loro come ad una ideale versione al femminile del duo Alex ed Eddie Van Halen (con tutte le precauzioni del caso, ben inteso). Due fratelli e due sorelle, due europei (olandesi) trapiantati in America e due europee (italiane) trapiantate in America, stessi strumenti, batteria e chitarra, stesso genere di riferimento, l’hard rock, pur con tutte le ovvie differenze e le sfumature. Certo, la statura delle due coppie diverge fortemente, Eddie Van Halen ha praticamente creato un modo di suonare la chitarra, ha influenzato centinaia di chitarristi (tra i quali probabilmente anche Maxine), ha scritto album immortali ed ha lasciato un vuoto incolmabile; Maxine Petrucci è una bravissima chitarrista che ha verosimilmente influenzato molte ragazze chitarriste che hanno visto in lei un modello ed un punto di riferimento, non è stata uno spartiacque nel genere rock né ha pubblicato dischi epocali, ancorché assolutamente validi e godibili. Roxy ed Alex hanno entrambi dimostrato di possedere uno stile riconoscibile ed una discreta presenza scenica; ovvio, suonare nei Van Halen accanto ad un Dio generava tutt’altro feedback, ma anche condividere la ribalta con tre bellissime donne nel mondo del rock ‘n’ roll non era esattamente all’insegna dell’understatement. Roxy ad un certo punto tentò di entrare nella squadra di uno che Eddie Van Halen lo conosceva bene, David Lee Roth, ma non ce la fece, il posto andò a Gregg Bissonette (più bravo o meno impegnativo rispetto ad una batterista donna? Che poi… impegnativo per chi, per Roxy avere a che fare con David o viceversa? Ai posteri l’ardua sentenza). Oggi le sorelle Petrucci condividono un progetto chiamato VIP Aftershow che ha già pubblicato singole canzoni qua e là.

Anche quella delle Vixen è una storia curiosa e a suo modo affascinante. Tra le prime movers in ambito hard rock come band tutta al femminile, sono sicuramente tra quelle che hanno venduto più album (parliamo di milioni certificati); parevano avere tutto per durare a lungo, bellezza, bravura, magnetismo ed una major alle spalle. Delle Vixen non si ricordano beghe riguardo all’abuso di alcol e droghe, una band pulita, eppure le difficoltà vennero tutte dai rapporti con le label, i management, i songwriter esterni, i dissidi interni e con la stampa, croce e delizia di una band bella e sexy.

Discografia Relativa

Madam X

  • 1984 – We Reserve The Right To Rock
  • 2017 – Monstrocity

Vixen

  • 1988 – Vixen
  • 1990 – Rev It Up
  • 1998 – Tangerine
  • 2006 – Live & Learn
  • 2023 – Red (non album single)

Maxine Petrucci

  • 2005 – Titania
  • 2008 – Don’t Hate Me
  • 2013 – Back To The Garden

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