Prima delle Runaways non è che ci fosse un granché al femminile in ambito rock… Janis Joplin, Grace Slick, Suzi Quatro, Patti Smith, Stevie Nicks … il primo gruppo all female squisitamente rock furono probabilmente le Goldie And The Gingerbreads … poi è stato il turno proprio delle Runaways. Pioniere d’accordo, ma sarebbe riduttivo farne una questione esclusivamente temporale, il punto è che sono state una band eccellente, persino con soli quattro album prodotti. Joan Jett, Lita Ford, Cherie Currie (nelle Runaways prima e con le loro rispettive carriere soliste poi) sono ancora oggi un punto di riferimento per ogni ragazza intenzionata ad imbracciare uno strumento e dimostrare il fatto suo.
Contenuti:
1. Ragazze bomba (1975 – 1976)
2. Le regine, il Giappone ed il “fattaccio” (1977)
3. Tanto (troppo) carattere e un altro un pessimo manager (1978)
4. Una per una
1 – ragazze bomba
Narrano le cronache che la giovante e spensierata quindicenne Joan Jett trascorresse le sue serate glitter in discoteca (la Rodney Bingenheimer’s English Disco a Hollywood) ballando e cantando a squarciagola le hit di David Bowie, T. Rex e naturalmente Gary Glitter. La musica era la sua alfa e la sua omega e l’intenzione era di formare una band. Tra i frequentatori del locale c’era anche Kim Fowley, i due ci mettono poco ad entrare in contatto e quando accade Fowley gira a Joan il numero di una batterista con l’hobby del surf, Sandy West. E’ in cerca di una band. Lo stesso Fowley si offre di scovare altre due ragazze per completare il gruppo. Al basso arriva Lita Ford, ma viene spostata alle sei corde quando Micki Steele (futura Bangles) imbraccia lo strumento col manico più lungo. Fowley si assicura il ruolo di manager ed in quattro e quattr’otto salta fuori anche il monicker: The Runaways. Tutto era cominciato nell’estate del ’75 e in autunno la band – all’epoca un power trio con la Steele nella doppia veste di bassista e cantante – è già sul palco del Whisky A Go Go. Manca una vera frontwoman di peso e la posizione sembra completata quando a novembre le neonate Runaways si imbattono nelle sorelle Currie, Cherie e Marie. In realtà non c’è neppure una canzone pronta da far cantare ad un’audizione per la cantante; Cherie si presenta con “Fever” di Suzie Quatro ma le Runaways non sanno suonarla, piuttosto Fowley e Jett avevano buttano giù un pezzo scritto apposta per Cherie. Il provino va benone, le Runaways ora hanno una cantante, Cherie Currie, ed un pezzo: “Cherry Bomb” (il cui titolo è evidentemente un gioco di parole sul nome di Cherie). Nel frattempo la Steele lascia e subentra al suo posto Peggy Foster, la quale dura poche settimane e anche al suo posto subentra Jackie Fox (qualche anno ritroveremo Peggy tra i credits di “Flex-able” di Steve Vai).
Tutto va velocissimo (merito della volpe Fowley o delle volpine talentuose Runaways?) e a febbraio ’76, appena 8 mesi dopo il concepimento di una band astratta, Joan Jett e le compagne vengono messe sotto contratto dalla Mercury Records per il loro primo album. Il 16 marzo viene pubblicato il disco. Le prime critiche fanno raffronti impegnativi con Aerosmith e Led Zeppelin, “Cherrie Bomb” si rivela un gran singolo (dal vivo la Currie indossa uno speciale corsetto come divisa per cantare il brano), l’artwork non fa che esaltarne il concetto e l’album viene accolto molto favorevolmente dal pubblico, le ragazze piacciono. C’è una disputa su chi abbia realmente suonato il basso su quei dieci pezzi, visto che pare che Fowley non fosse particolarmente favorevole alla Fox, tanto da aver affidato il basso a Nigel Harrison (dei Blondie) per le registrazioni. Anni dopo la cosa è stata confermata dalla Currie. Fowley figura tra gli arrangiatori del disco (oltre che produttore), così come il Dj Bingenheimer (quello della discoteca) ha il merito delle orchestrazioni. Pubblicato il debutto arrivano date live in America (di supporto ai Cheap Trick, ai Van Halen, ai Talking Heads, e a Tom Petty And The Heartbreakers) ed in Europa, nonché diverse copertine di magazine à la page (Rolling Stone, Circus, Playgirl, etc). Le Runaways vengono lette come adolescenti ribelli e rock ‘n’ roll, ovvero esattamente ciò che sono e che intendono incarnare; la loro musica è libertà, la loro identità di genere pura nitroglicerina in un mondo a maggioranza di testosterone. Ciò nonostante, ognuna di loro segue uno schema semplice, perlomeno inizialmente, ispirarsi e modellarsi al proprio idolo di riferimento, rispettivamente la Currie a David Bowie, la Jett a Suzie Quatro, la Ford a Jeff Beck e Ritchie Blackmore, la West a Roger Taylor e la Fox a Gene Simmons.
II – Le regine, il giappone ed il “fattaccio”
Il 3 gennaio 1977 esce “Queens Of Noise”, sempre per Mercury. Si tratta fondamentalmente di un elevamento a potenza del sound già conosciuto con l’esordio autointitolato. La musica suona potente e le varie influenze glam, punk e blues confluiscono con grande equilibrio nel calderone delle ragazze, anche se l’album viene particolarmente apprezzato in ambito punk, tant’è che le Runaways stringono delle “alleanze” con punk band americane (Ramones, The Dead Boys) e britanniche (The Damned, Generation X, Sex Pistols). Tendenzialmente viene ritenuto superiore al suo predecessore e, dati statistici alla mano, diventa l’album più venduto in America delle Runaways. Il contratto con Mercury prevedeva due release all’anno ed infatti tra il primo ed il secondo capitolo intercorrono appena nove mesi. Anche se tutto sembra andare a gonfie vele, il successo crescente si rivela indirettamente proporzionale al rapporto tra la band e Fowley, evidentemente sempre più consapevole che l’ascesa della sua creatura renderà il quartetto progressivamente consapevole (ed ingrato) nei suoi confronti. Per la registrazione di “Queens Of Noise” le Runaways assumono un diverso produttore che le segua squisitamente per la costruzione del disco (Earle Mankey, già al soldo dei Beach Boys), sebbene Fowley rimanga comunque sullo sfondo. L’appoggio di Mankey fa si che le Runaways registrino in uno studio dei Beach Boys in California, ma di fatto l’album è quasi un’autoproduzione. L’artwork stavolta è una foto dell’intera band, anche se nasce “al contrario”, ovvero la copertina sarebbe dovuta essere il retro e viceversa. Le ragazze sono “al palo” (quello da stripdancers), interamente vestite di nero, così come il nero è il colore predominante (nella foto poi finita “dietro”), mentre la versione diventata iconica le vede quasi soffocare in mezzo al fumo (e Jackie Fox disse che la foto venne scatta esattamente un secondo prima che le ragazze soffocassero per davvero). A distanza di anni la Fox si è dichiarata poco entusiasta della riuscita del disco.
La title-track è l’unica canzone non scritta (o co-scritta) dalle ragazze ma per le ragazze, da Billy Bizeau dei The Quick (sempre sotto contratto con Fowley). Ed è anche una metafora delle tensioni interne al gruppo ed in particolare tra la Jett e la Currie, che infatti litigarono parecchio su chi delle due dovesse cantarla (la spunterà Joan). Sebbene Cherie fosse la cantante ufficiale della band, la scaletta è un continuo alternarsi delle voci di Joan e della sua, ma mette in mostra anche le ottime qualità chitarristiche della Ford (in particolar modo nella conclusiva “Johnny Guitar”, pensata quasi appositamente come trampolino per la Ford), vero nerbo del tonante sound delle Runaways. Sulla scia di questo nuovo album si riparte per un tour americano, intanto il fenomeno Runaways esplode anche in Giappone (e Australia). Nel Sol Levante le ragazze vengono accolte con scene di isteria di massa alla maniera dei Beatles. Dal nulla Jackie prende un aereo e se ne torna a casa, tanto che la Jett è costretta ad occuparsi del basso al loro concerto tenutosi al Tokyo Music Festival. Solo dopo la morte di Fowley (nel 2005), Jackie dichiarerà che tale repentina decisione fu motivata addirittura dall’essere stata drogata (da un roadie) e stuprata da Fowley proprio la notte di capodanno (del ’75) al party seguente il concerto tenuto dalle ragazze all’Orange County Club, davanti agli ospiti e alle compagne “ridacchianti” (solo la Ford non era presente in quel momento). La Jett ha sempre negato di essere stata testimone, la Currie lo ha praticamente ammesso avendo dichiarato di essersi arrabbiata con Fowley (per poi ribadirlo “tra le righe” anche nella sua autobiografia). Altri presenti corroborarono tale testimonianza. Jackie era appena sedicenne. Successivamente Vicky Blue, subentrata nella band, affermò che le ragazze fossero perfettamente consapevoli di quanto accaduto. Intanto nel 2001 Michael Steele delle Bangles aveva dichiarato che il suo allontanamento dalle Runaways era avvenuto da parte di Fowley proprio dopo che lei aveva rifiutato delle avances sessuali del manager. Morto Fowley (di un carcinoma alla vescica) le vittime minorenni spuntarono fuori come funghi.
III – tanto (troppo) carattere e un altro un pessimo manager
Come omaggio al pubblico nipponico per l’incontenibile entusiasmo dimostrato, viene pubblicato il “Live In Japan” che diventa uno dei dischi di importazione più venduti degli anni ’70. Tornate a casa è già tempo di pensare ad un terzo album. Ci vuole una sostituta per la Fox, si tratta di Vicki Blue. Non è l’unica defezione. Anche la Curie lascia, sfiancata dal dualismo con la Jett (ma anche dai battibecchi con la Ford) e molto allettata dalla possibilità di una carriera solista. E infatti è proprio Joan Jett ad occuparsi del microfono. Le vendite di “Waitin’ For The Night” si rivelano deludenti negli States ma in Europa la band tiene ancora bene. La copertina del disco è come sempre una cartina di tornasole dello stato dell’arte dentro le Runaways. Ora le ragazze sono avvolte nel filo spinato, non è stata facile ma alla fine un nuovo lavoro della band è sugli scaffali dei negozi, le Runaways ci sono e non mollano. Fowley fa in tempo a produrre l’album per poi vedersi licenziato dalle ragazze, per la fine del 1977 il rapporto col padre padrone si chiude definitivamente. Col senno di poi le Runaway accuseranno Fowley di aver danneggiato la band, sia a livello economico che umano, amministrando il gruppo secondo la filosofia del “dividi et impera”, umiliandole sistematicamente tanto a livello verbale che…. insomma, lo stupro alla povera Fox. L’album vede una presenza molto intensa della Jett a livello di songwriting, eccezion fatta per “Fantasies” unico brano interamente appannaggio della Ford.
Come da contratto (quasi, sforano di un mese), a settembre del 1978 esce “And Now… The Runaways” il quarto ed ahimè ultimo lavoro della band – non è poi così difficile intuirne il perché – con parecchie cover in scaletta degli Slade, dei Beatles, dei The Professionals. Le registrazioni non iniziano sotto il miglior auspicio, Vicki Blue lascia (pare per problemi di salute) e le tracce di basso sono incise dalla Ford, lo stile di vita dissolutamente rock ‘n’ roll fa molto presa in questo periodo su tutto il gruppo, il nuovo produttore John Alcock (quello dei Thin Lizzy) lavora alacremente per ridurre al massimo la predominanza della Jett all’interno della band, ne sono segni evidenti gli spazi “individuali” che si guadagnano la West con “Right Now” e la Ford con “I’m A Million”, primo vero brano dove Lita canta. La stessa Jett ha poi dichiarato di aver avvertito nettamente la sensazione di rischiare quasi il licenziamento da parte della band che lei stessa aveva contribuito a creare e che, di fatto, era nata da un suo slancio. In concomitanza del reclutamento della nuova bassista Laurie McAllister, Joan Jett e Lita Ford sciolgono le Runaways (anche se la McAllister fa in tempo a presenziare agli ultimi show in California nel dicembre 1978, poi diventerà veterinaria e morirà nel 2011 per un attacco di asma). Vengono addotte le classiche divergenze musicali, che per carità c’erano (la Jett voleva spingere più sul versante punk rock/glam, Ford e West su quello hard n’ heavy), ma certo non mancavano dissapori, capricci e insoddisfazioni personali. Ovviamente Alcock prosegue i lavori con le sue due pupille, ma il progetto di una nuova band che coinvolgesse la Ford e la West si arena prima di concretizzarsi in qualcosa. Nel 1981 Rhino Records ristampa l’album con una diversa copertina ed un diverso titolo (“Little Lost Girls”), alquanto esplicativo, anche se così si chiama una delle canzoni in scaletta (composta dalla Ford). Ma come era la copertina originale? Beh, molto magazine di moda per signore borghesi, divertente, spiritosa, ma lontana anni luce dagli occhi della tigre e dalla pelle animale dentro cui le ragazze erano solite infilarsi. Un aneddoto curioso è che nel 1987 Fowley, ancora e sempre proprietario del marchio The Runaways, cerca di fare un reboot della band con quattro perfette sconosciute (ed una drum machine). L’album in questione si chiama “Young And Fast” e per fortuna le “nuove Runaways” non sono andate da nessuna parte.
IV – una per una
JOAN JETT
Nasce a Philadelphia, si trasferisce prima nel Maryland poi in California (quando ha 12 anni). Inizialmente pensa di fare l’attrice (rapita dalle luci di Cabaret con Liza Minnelli) ma poi la vera epifania si compie ai concerti rock. Riceve come regalo di Natale dei 13 anni la sua prima chitarra elettrica completa di amplificatore (per la modestissima cifra di 30 dollari, praticamente l’equivalente delle nostre chitarre Chicco o tastiere Bontempi delle pubblicità di Topolino). Inizia a prendere lezioni ma si stufa quando il suo insegnante si incaponisce a farle imparare canzoni folk. Decisamente più interessante mettere i dischi di Bowie e Gary Glitter sul piatto e inseguirli alla bersagliera, imparandone i riff. Dal 1975 al 1979 dedica anima e copro alle Runaways ma un minuto dopo la fine di quel progetto sta già partecipando alla registrazione di un Ep di 3 pezzi con Steve Jones e Paul Cook dei Sex Pistols, e produce il disco dei The Germs, “GI”, a testimonianza del suo amore sincero per il punk. Senza perdersi d’animo dopo il rifiuto di numerose case discografiche (la leggenda dice oltre una ventina), crea la sua nel 1980, la Blackheart Records. Ad oggi i dischi in studio della Jett sono ben 14 – senza contare singoli, compilation, collaborazioni ed ospitate varie – due pubblicati come Joan Jett e i restanti come Joan Jett & The Blackhearts, l’ultimo dei quali acustico (“Changeup”), uscito appena lo scorso marzo. Tanta musica di qualità, soprattutto nella prima metà della sua carriera solista. Rolling Stone l’ha inserita tra i 100 chitarristi più importanti di tutti i tempi. Nel 1987 debutta al cinema nel bellissimo La Luce Del Giorno (Light of Day) di Paul Schrader, a fianco di Gena Rowlands e Michael J. Fox; da allora compare abbastanza costantemente in episodi di serie tv, produzioni teatrali (anche il Rocky Horror Show), documentari e produzioni indipendenti. E’ un’attivista dei diritti degli animali, politicamente schierata con i Democratici, grande amante dello sport ma soprattutto punto di riferimento ineludibile per molte chitarriste e musiciste che hanno deciso di intraprendere la via del rock dopo e/o grazie alle Runaways.
CHERIE CURRIE
Nasce nella San Fernando Valley, in California, prospera in una famiglia hollywoodiana dato che la madre (Marie Harmon) e la zia (Sondra) sono entrambe attrici. La sua vita ha uno spartiacque preciso, prima e dopo David Bowie, il cui concerto cambia ogni prospettiva nell’esistenza della teenager Cherie. Bellissima, lunghi e vaporosi capelli biondi, dà un taglio netto al suo look fatato assumendo un aspetto decisamente più bowiesque, con tanto di saetta dipinta sulla faccia alla maniera di “Aladdin Sane”. Dal ’75 al ’77 canta nelle Runaways che lascia all’indomani del “Live In Japan”. Un anno dopo debutta come solista con “Beauty’s Only Skin Deep”, album che personalmente adoro, la cui copertina è diventata una delle immagini più iconiche della storia del rock, prodotto dal solito Fowley delle Runaways e co-prodotto dalla sorella Marie (che partecipa anche ai cori e canta come voce principale in “Love At First Sight”). Nel 1979 le due sorelle sono insieme sull’album “Messin’ With The Boys”, divertente episodio di rock settantiano. Con l’arrivo degli ’80 Cherie entra nel mondo del cinema, debutta nel meraviglioso Foxes (da noi distribuito col titolo stupidino di A Donne Con Gli Amici) di Adrian Lyne, recitando insieme ad una giovane Jodie Foster, a Scott Baio, Randy Quaid, Laura Dern, e che tra l’altro vede presenti gli Angel tanto nella colonna sonora quanto in una comparsata nel film mentre suonano in un locale (il pezzo è naturalmente “20th Century Foxes”). Come e più di Joan Jett, la Currie ha diversi titoli nel carniere tra film e tv. Il totale effettivo dei suoi album solisti (al netto di compilation, ristampe e collaborazioni) è di cinque album tra il 1978 e il 2019, tutti di pregevole fattura, compresi i più recenti come “Reverie” o “Blvds Of Splendor”, che l’hanno vista tornare davvero a grandi livelli. Dalla sua autobiografia “Neon Angel: The Cherry Currie Story” è stato tratto il film sulle Runaways (con Dakota Fanning nei suoi panni). Oggi, oltre a proseguire nella pubblicazione di dischi, è un’artista intagliatrice del legno (con la motosega), una vera professionista che grazie alle proprie creazioni ha aperto una galleria d’arte in California ed è spesso ospitata in show televisivi e giornali.
LITA FORD
Beh, Lita (nata Carmelita Rossana Ford a Londra) è forse la più famosa delle Runaways post Runaways, sicuramente quella che ha avuto una carriera più glamour perlomeno in ambito rock e metal, popolando i sogni di milioni di ragazzi in età adolescenziale (e oltre…cough cough…). Lita è una rocker convinta sin da ragazzina, abituata a suonare in gruppi nei quali è l’unica femmina. Ha tecnica e padronanza dello strumento, tant’è che all’audizione per le Runaways suona indifferentemente basso e chitarra. Copre tutto l’arco esistenziale della band dal ’75 al ’79 poi, come era logico che fosse, dà inizio alla sua carriera solista. Le Mercury se la riprende (dopo aver interrotto i rapporti con le Runaways) e pubblica il suo debutto “Out For Blood” nell’83. La sterzata hard rock è evidentissima e si confermerà release dopo release, puntellando tutta la decade. Lita condirà la sua musica con tanto sex appeal, giocando parecchio con un’immagine ammiccante ed erotica, a cominciare dalle copertine dei suoi album, passando per i titoli delle canzoni e le mise sfoggiate nei suoi videoclip. Tra i suoi fidanzati e mariti figurano Nikki Sixx, Tony Iommi, Chris Holmes e Jim Gillette, tutti curiosi esponenti del denim and leather che non potrebbero essere uno più distante dall’altro, tanto caratterialmente quanto per aspetto ed attitudine. Nel 2016 pubblica la sua autobiografia “Living Like A Runaway: A Memoir” dove tra le altre cose rivela che nel ’76 si allontanò temporaneamente dalle Runaways avendo compreso che tutte le sue compagne erano omosessuali, una situazione che la metteva a disagio (… avere come mariti invece Holmes e Gillette deve essere stata una passeggiata!). Sono 9 gli studio album solisti di Lita dall’83 al 2016, molti dei quali notevoli, sebbene gli anni ’90 e primi 2000 siano stati piuttosto difficili per la chitarrista cantante, complice il declino dell’hair metal e la salita al potere di sonorità alternative rock e grunge, con le quali Lita ha pure provato a flirtare in “Black” (con risultati piuttosto disastrosi). Non va meglio col successivo “Wicked Wonderland” (che però è del 2009, dopo i fuochi…) nel quale possiamo ascoltare una Lita Ford completamente sfigurata da sonorità aliene al suo consueto background ed a proposito del quale infatti dichiarerà successivamente una totale e completa insoddisfazione (“un disco realizzato al di fuori del mio controllo ed a conti fatti non ha nulla a che vedere con il nome Lita Ford, non lo considero un mio vero disco. Non possiede nulla del mio tipico sound, perché non ho avuto controllo sui brani”). Come per Joan Jett, anche Lita rappresenta da svariate decadi un riferimento ineludibile per tante ragazze che hanno scelto il rock.
SANDY WEST
Ogni membro delle Runaways ha cominciato da qualche artista di riferimento, Sandy West decide di suonare la batteria dopo aver ascoltato i The Monkees. Dal pop al rock il passaggio è obbligato grazie ad Aerosmith e Led Zeppelin. Come Lita Ford, inizialmente suona in band nelle quali è l’unica ragazza, batterista per giunta, pertanto deve imparare a farsi rispettare pestando forte e chiaro. Californiana, riceve il suo primo drum kit in regalo dal nonno all’età di 9 anni. Suona la batteria già nell’orchestra scolastica. Con le Runaways rimane fino all’ultimo e oltre, anche se il progetto di Alcock di coinvolgerla assieme a Lita Ford in una nuova band post Runaways non decolla. Più in generale riesce a combinare poco dopo la fine della band, suona con altri musicisti, incide l’Ep solista “The Beast Is Back” e forma la Sandy West Band ma nulla di tutto ciò raggiunge grandi traguardi, al punto da costringerla a guadagnarsi da vivere fuori dalla musica, nell’edilizia, come barista ed assistente veterinaria. Per la verità ha ammesso anche di aver infranto la legge per sbarcare il lunario e di essere finita in carcere. A suo dire Fowley non le ha mai pagato interamente le quote dovute (indubbiamente uno dei tanti motivi che portò le Runaways a licenziarlo). Il 21 ottobre del 2006 Sandy West muore all’età di 47 anni per un cancro ai polmoni. Certamente non la più fortunata delle Runaways, sebbene il Time Magazine l’abbia definita una batterista rock “pioniera”.
JACKIE FOX
Nata Jacqueline Louise Fuchs a Los Angeles è nell’immaginario comune la bassista delle Runaways pur non essendo stata la prima (e tecnicamente neanche l’ultima). L’incontro con le Runaways avviene suonando “Strutter” dei Kiss, Jackie all’epoca è una chitarrista e l’audizione non soddisfa le parti. Viene ripresa in considerazione da Fowley quando alla band serve una bassista (il marpione se l’era segnata sul taccuino….), stavolta per la band è “si”. Lascia la formazione dopo il tour giapponese, anzi durante il tour a seguito dell’infame abuso sessuale subito da parte di Fowley. Dopo le Runaways continua ad orbitare nel mondo del music business ma più che altro come promoter e agente, fin quando non riprende i suoi studi laureandosi in Legge ad Harvard nel 1988. Oggi è una fotografa, una scrittrice, una blogger (per l’Huffington Post) e naturalmente si occupa di legge e diritto perlopiù all’interno del mondo dell’intrattenimento televisivo.
Discografia Relativa
- 1976 – The Runaways
- 1977 – Queens Of Noise
- 1977 – Live In Japan (live)
- 1977 – Waitin’ For The Night
- 1978 – And Now… The Runaways
- 1980 – Flaming Schoolgirls (raccolta con materiale inedito)