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I Megadeth secondo me

KILLING WAS THE BUSINESS... AND BUSINESS WAS GOOD

Prima che vi mettiate a leggere, un avviso ai naviganti: come sempre e in questo caso in particolare, ho scritto una riflessione personale su Dave Mustaine e i suoi Megadeth che non ha alcuna pretesa di dire cose giuste, oggettive o di evangelizzare le masse. Non sono un giornalista, non sono un critico musicale, non sono nessuno, ho solo ascoltato migliaia di volte i dischi dei Megadeth nelle ultime tre decadi e mezzo. Ogni parola è il frutto di un’opinione personale, nulla di più, nulla di meno. Non c’è torto e non c’è ragione, c’è un punto di vista. Prendere o lasciare. In ogni caso: viva i Megadeth! 

Contenuti:

1. One thousand times goodbye
2. So far…
3. So good…
4. …So what!
5. Crush ’em

1 – One thousand times goodbye

Dave Mustaine ha annunciato al mondo la fine dei suoi Megadeth, è iniziato il countdown to extinction, ultimo album, ultimo tour, poi l’oblio. Se così sarà… poiché il metal è pieno di ultimi album a cui sono seguiti ultimi tour d’addio e poi altri ultimi album dopo i quali sono arrivati altri tour d’addio, in loop. Qualcuno va avanti ancora oggi nonostante ci abbiano salutato anni fa. Dopo 17 titoli in studio e oltre 4 decadi di carriera sarà una pensione meritata, frutto di una scelta molto saggia e avveduta. Ci sono band che non riescono a capire quando arriva l’ora di deporre le armi e continuano imperterrite, talvolta annaspando anche nel ridicolo involontario. Dave ha messo un punto e a parer mio ha fatto benissimo. C’è molto orgoglio e consapevolezza in una decisione del genere. I Megadeth non suonano liscio revival, ci vuole fisicità a reggere i palchi con il thrash metal, ci vuole ispirazione e creatività e nessuno può averla ininterrottamente per quasi mezzo secolo. Nonostante l’accoglienza alquanto positiva tributata anche ai più recenti album come “Dystopia” (2016) o “The Sick, The Dying … And The Dead!” (2022), vado controcorrente e dico che in tutta franchezza non mi pare che i Megadeth abbiano ancora grandi frecce al proprio arco da spendere. Dipende sempre quale è il termine di paragone, se pensiamo a cosa sono i Metallica oggi – da sempre i diretti competitor dei Megadeth secondo Dave – beh, allora i Megadeth stanno alla grandissima; se pensiamo a quegli album in rapporto alla carriera stessa dei Megadeth, allora credo ci sia un vuoto siderale e incolmabile. 

Non ho mai capito quanto “Dystopia” sia stato salutato come un disco fenomenale anche e soprattutto per il fatto di essere venuto dopo “Super Collider”, episodio decisamente rifiutato dalla fan-base. Non trovo negli ultimi capitoli il genio e la sregolatezza dei migliori Megadeth, nella produzione dei 2000 non sono mai riuscito a scovare un solo riff, un chorus o un assolo che potessero rivaleggiare (seriamente) con quanto già espresso a cavallo tra gli ’80 e i ’90, a mio parere la golden age dei Megadeth. Non discuto sui gusti, ognuno ha i suoi, legittimi e sacrosanti, ma su qualcuno degli album più recenti sono state spese parole di elogio tali da risultare financo imbarazzanti se pensiamo a quale sia il mirabolante retroterra dei Megadeth.

megadeth 1

II – So far…

Per celebrare Mustaine e il suo addio alle scene ho pensato di dedicare qualche riga in particolare al mio album prediletto della band, “So Far, So Good… So What!”, che poi è anche il primo vinile dei Megadeth mai entrato in casa mia. Spesso è così, la musica che ci introduce all’artista, con la quale lo si conosce, è quella che poi rimane nel cuore, che dà l’imprinting e diventa la cosiddetta “preferita”, a prescindere dalla sua oggettiva collocazione all’interno di una intera discografia. “So Far, So Good… So What!” non è il miglior album dei Megadeth, è quello a cui sono più affezionatoMolti direbbero che l’apice della loro discografia sia “Rust In Peace”, che è sicuramente un grandissimo lavoro, ma è sempre stato troppo perfettino per me, tutta quella bulimia di iper tecnicismo, di note suonate al metronomo e di cambi di tempo, lo ha reso un monumento per i virtuosi dei rispettivi strumenti, ma in qualche maniera ha anche finito con l’anestetizzarne l’ascolto. In “So Far, So Good… So What!”, dentro la sua sconclusionatezza, il suo livore, la sua sporcizia, la sua estemporaneità (venne scritto in appena 6 sei settimane), la sua limacciosità, c’è vita, c’è una pulsione che per quanto ancorata a sentimenti prevalentemente negativi, torbidi e foschi, lo rende incredibilmente palpitante e febbrile. 

E’ un disco fuori controllo, a cominciare dalla strana scaletta, così come all’epoca era totalmente fuori controllo Mustaine. Appena 8 tracce, una lunga intro strumentale (“Into The Lungs Of Hell”), che è molto più di una intro ma è una sorta di canzone a sé stante, un’incompiuta che non ce l’ha fatta a diventare canzone a tutto tondo, ma fa la sua porca figura come biglietto da visita per un album che farà morti e feriti. Poi “Set The World Afire”, che si annuncia con un sample della quasi omonima “I Don’t Want To Set The World On Fire” dei The Ink Spots (1941), un contrasto fortissimo, letteralmente incendiario, visto che tra l’altro l’originale è una canzone d’amore. Trattasi della prima composizione che Dave scrisse una volta cacciato dai Metallica (anche se all’epoca si intitolava “Megadeth”), è facile immaginare il livello di filo spinato che la caratterizza. Quindi è già tempo di una cover, non una qualsiasi, forse la canzone più iconoclasta e distruttiva che si possa e si potesse immaginare anche nel 1988, “Anarchy In The UK” dei Sex Pistols, ricollocata per l’occasione negli U.S.A. La sottolineatura della rilevanza del punk per Mustaine è pregnante e qui riveste di un senso completamente nuovo il “vecchio” classico dei Pistols, tanto che la rendering dei Megadeth diventerà un vero e proprio landmark dell’album pur non essendo farina del loro sacco. I Megadeth ci torneranno sopra con la splendida “Problems” nella scaletta della compilation “Hidden Treasures” (1995). Ennesimo cambio di scenario con “Mary Jane”, la cosa più vicina ad una ballad che una band come i Megadeth potessero concepire in quegli anni (per fortuna siamo ancora parecchio lontani dalle lagne dei Metallica). E’ un pezzo la cui composizione risalirebbe addirittura al 1983 e in realtà parla del destino di una povera strega sepolta viva dal padre. Mustaine ha poi raccontato di essere stato addentro a questioni occultistiche all’epoca e che una canzone come “Mary Jane” era il suo modo di flirtare con quella dimensione (che poi lo turberà al punto da allontanarsene e ritenerla pericolosa). “502” è il codice con lui la Polizia della California classifica la guida in stato di ubriachezza, il perché Mustaine ne fosse così esperto non sfuggirà ai più. E’ noto che da ubriaco Mustaine fece un incidente proprio con un’auto della Polizia, a seguito del quale venne arrestato. “In My Darkest Hour” è il ricordo che Mustaine dedica al compianto Cliff Burton, una ferita aperta anche per lui, non sono per gli ex compagni dei Metallica. Quindi “Liar”, che pare sia dedicata a Chris Poland, in forze nei Megadeth per i precedenti album, licenziato da Mustaine per la sua tossicodipendenza ingestibile (esatto, “licenziato da Mustaine per la sua tossicodipendenza ingestibile…”) e accusato di aver venduto la strumentazione per procurarsi la droga. Infine “Hook In Mouth”, sostanzialmente un vaffanculo ai censori e a tutti coloro i quali giocavano con i diritti costituzionali e la libertà di espressione.

III – So good…

“So Far, So Good… So What!” venne rapidamente certificato disco di platino, l’accoglienza fu assai positiva, il che a mio parere non era affatto scontato poiché oltre ad essere un album dalla fortissima personalità, spigolosa, ostica, riottosa, suonava indubbiamente diverso dal pluri acclamato “Peace Sells… But Who’s Buying?” e dunque non era granché prevedibile quanto il cambio repentino di formula e di postura avrebbe portato buoni frutti. Invece il pubblico dei Megadeth sposò l’album senza esitazioni. C’è un senso di verità, di autenticità, di genuinità in quei solchi che conquista, anche se si viene investiti da una sorta di apocalisse nichilista e distruttiva che non lascia speranze. Mustaine si godette poco la festa poiché quelli erano i suoi peggiori anni in termini di dipendenze. Poland e Samuelson erano stati cacciati per lo stesso motivo, come se il leader della band non condividesse il problema delle droghe, ma in quanto leader era lui a mettere gli altri alla porta e non viceversa. Pure Jeff Young e Chuck Behler vennero allontanati apparentemente per la stessa causa. Young ha sempre negato, indicando Mustaine come quello messo peggio riguardo all’eroina, cosa affatto lontana dalla realtà di quei giorni. Per la loro inaffidabilità i Megadeth persero anche la loro posizione nel bill del festival itinerante Monsters of Rock dopo appena uno show. Sicuramente la nave dei Megadeth era una imbarcazione abbastanza allo sbando da questo punto di vista tant’è che, annullate le date australiane del tour, Mustaine fece ritorno alla base e si dette alla disintossicazione.

L’approccio di “So Far, So Good… So What!” è disturbante, è un lavoro amaro, disilluso, negativo, intriso di pessimismo e rancore. Col senno di poi il critico Steve Huey di All Music ha scritto che mancherebbe di una sua omogeneità concettuale rispetto al predecessore, cosa che in qualche maniera è anche vera, si può essere d’accordo. La scaletta è più sfilacciata, episodica, fatta di aggressione e urgenza, ma in fin dei conti non lo vedrei affatto come un difetto, semplicemente come una sua peculiarità. Inoltre sempre secondo Huey l’impatto che “So Far, So Good… So What!” vuole avere è minaccioso, attaccabrighe, ma tutto ciò sarebbe solo il risultato di un’impostazione un po’ forzata e dell’ardore giovanile. Critica sulla quale dissento totalmente, l’album è oggettivamente minaccioso, irrequieto, angosciante più di qualsiasi altro episodio nella discografia dei Megadeth, perché era Mustaine ad essere tormentato, arrabbiato ed angosciato, inevitabile che trasferisse il proprio stato d’animo nella musica. Anche l’artwork va in quella direzione. Nonostante l’ottimo lavoro di Ed Repka su “Peace Sells…”, Mustaine vuole comunque cambiare, ha bisogno di andare altrove visivamente. La composizione che troneggia sulla copertina di “So Far, So Good… So What!” ha un che di pacchiano ma è al contempo inquietante e sinistro. Trasmette disperazione e ineluttabilità, come del resto la musica che arriva dai solchi.

megadeth 2

IV – …so what!

Dopo “So Far, So Good… So What!” sarà il turno di “Rust In Peace”, come detto, una sorta di rinascita dell’uomo e della band, un cambio di coordinate sonore, una ripulitura generale, tanto del sound quanto dell’approccio emotivo in casa Megadeth. Da lì in poi partirà un altro film, Dave più che misurarsi da pari a pari con i Metallica, i suoi arci nemici, li inseguirà come un segugio. Loro pubblicano un album ultra tecnico, pieno di riff e cambi di tempo come “And Justice For All…”? E allora Mustaine si inventa “Rust In Peace”. I Metallica ingentiliscono e guardano al mainstream? E allora Mustaine tira fuori “Countdown To Extinction”, e poi “Youthanasia” e “Cryptic Writings”, fino addirittura a “Risk”, l’album che più lo fa odiare dalla sua comunità perché è sostanzialmente un disco di hard rock, senza più metal al suo interno. Io sono tra quelli che non solo sul finire dei ’90 non si è schifato, ma anzi ha persino apprezzato i lavori più light dei Megadeth. Ho sempre riconosciuto a Mustaine un grandissimo senso melodico (come a Jeff Waters) e quando ha avuto il coraggio di tirarlo fuori senza l’ossessione di deludere i fans più integralisti e ortodossi, ha realizzato pregevolissimi album rock, per altro ottimamente prodotti, assai meglio di altri. Ma Fu proprio al producer Dann Huff che Mustaine cercò di addossare tutte le colpe per lo sfiguramento della band quando con “The System Has Failed” cercò di rifarsi una verginità e tornare con la cenere sulla testa in senso alla comunità del thrash metal senza compromessi. Infatti lo stenterello “The World Needs A Hero” Mustaine se lo produsse da solo, pur mostrando ancora una certa confusione ed indecisione sulla strada da prendere (occhio però perché alcuni pezzi in scaletta, soprattutto nella prima parte, sono davvero killer). 

La fase della confusione e dello scimmiottamento pedissequo dei Metallica era finita, era tempo di rimettersi l’uniforme di ordinanza. E’ il bello è che (per me) tanto erano interessanti e pieni di idee album come “Cryptic Writings” e “Risk”, tanto non ne aveva “The System Has Failed”, adeguatissimo quanto a vestitino thrash, ma totalmente privo di mordente ed ispirazione. Probabilmente l’album più noioso di tutta la carriera dei Megadeth. Le cose sono poi leggermente migliorate con “United Abominations” ma il punto è che da quel momento in poi Mustaine ha solo avuto l’ansia di ricollocarsi, suonare iper tecnico e quanto più vicino possibile al thrash, in maniera che i Megadeth tornassero ad essere “quelli di prima”. “Endgame” e “Thirt3en” sono dischi impeccabili formalmente, ma che giunto alla fine del minutaggio io trovo sterili e financo noiosi, non aggiungono una virgola ai Megadeth e anzi, semmai ne appiattiscono le quotazioni. “Super Collider” torna a rimescolare le carte, facendo riemergere quella vena melodica e hard rock che tanti aveva fatto incazzare. E infatti puntualmente quei tanti si incazzano di nuovo. Non è un album perfetto, anzi è piuttosto altalenante, ma oltre ad avere una title-track che ti entra in testa al primo ascolto, dal sapore arioso, solare ed accattivante, piazza almeno una manciata di altri pezzi discreti (“Kingmaker”, “Built For War”,  “Beginning Of Sorrow”, “Forget To Remember”). Mustaine e i vari comprimari che entrano ed escono dalla band come le porte girevoli di un albergo stanno esaurendo le scorte creative. Il rosso di La Mesa ha sempre meno cartucce da sparare. Il colpo di coda di “Dystopia” impressiona parecchio e, come detto, quell’album ed il suo successore rimettono in piedi la reputazione della band, che nuovamente abbandona ogni velleità di variare un po’ la ricetta, per tuffarsi nel genere che gli è congeniale, anche se io continuo a non vedere chissà quale ispirazione in quelle composizioni.

Vedremo cosa e come sarà il fatidico ultimo capitolo della storia quarantennale di questa band, magari Mustaine si è tenuto le cartucce migliori per ultime, magari vuole chiudere con dignità, sarò il primo ad essere felice se l’ultimo album dovesse essere un buon album. Quel che è certo è che dal vivo Dave non regge più, la sua voce è completamente andata, il tumore alla gola che lo ha colpito anni addietro ha maledettamente fatto il suo lavoro. Non è mai stato un usignolo, anzi il suo incaponirsi a voler stare dietro il microfono ha sicuramente penalizzato i Megadeth in un’ottica macroscopica e mainstream, ma indubbiamente sono sempre stati una sua idea, la sua band, un suo prodotto, casa sua, e dunque anche quella cornacchia sgraziata che declamava i testi è finita col diventare un marchio di fabbrica riconoscibile tra mille. Ora però Mustaine non ha proprio più voce e stare sui palchi portandosi il fardello di 16 album più il prossimo diventa oggettivamente insostenibile, oltre al fatto che nel 2026 Mustaine spegnerà sessantacinque candeline.

 

V – Crush ‘Em

Mustaine tuttavia può dormire sonni tranquilli e godersi la meritata pensione, è riuscito nel principale obbiettivo che si era prefissato, battere i Metallica sul loro stesso terreno, a cominciare dallo scontro diretto tra il Black Album e “Countdown To Extinction”. A mio giudizio infatti, se stendiamo su un tappeto le discografie delle due band, i Megadeth si aggiudicano la vittoria ai punti. Non solo il numero di buoni album pubblicati in carriera è tutto a vantaggio di Vic Rattlehead; né i Megadeth hanno mai dati alle stampe abomini come “Lulu” o St. Anger” per i quali doversi imbarazzare a distanza di tempo; anche i più modesti album dei Megadeth rimangono tali, modesti ma non nefandi. Né esistono foto session dei Megadeth come quelle dei Metallica di “Load” e “Reload”. Di stupidaggini dette da Mustaine nelle interviste invece ce ne sono a bizzeffe, lì se la giocano al foto finish con Ulrich. Ma soprattutto i Megadeth hanno dimostrato assai più continuità, buoni album in modo costante nel tempo, un tempo più lungo, mentre i Metallica dopo il 1988 ci hanno portato sulle montagne russe, dal paradiso all’inferno e ritorno, senza soluzione di continuità. E pensare che Mustaine ha realizzato tutto ciò che ha realizzato da antipatico, tossico e astioso, questa la percezione pressoché universale nei suoi confronti; e pensare che non ha mai beneficiato di formazioni stabili (per colpa sua, s’intende), diversamente dai 3/4 dei Metallica che sono rimasti immutati e tetragoni dal 1983 ad oggi. Questo se possibile accresce ancora di più il suo valore come musicista e songwriter, anche se umanamente non ha brillato. Mustaine si è nutrito di  pane e rivalsa, probabilmente è un complessato, un paranoico, sicuramente divorato dal desiderio di vendetta (da lui stesso ammesso) nei confronti di chi lo aveva umiliato e si era mangiato il suo successo. Mustaine ha vissuto una vita tormentata e si è riempito di fragilità mascherate dall’aggressività, con lo scopo preciso di abbattere i Metallica. In più la sua svolta in età matura in termini d rinascita cristiana e simpatie pesantemente destrorse non lo ha certo reso più digeribile, anzi. L’essersi negato per lungo tempo la performance di “Anarchy In The UK” dal vivo a causa del verso “I am an antichrist” è risibile e fa il pari con Blackie Lawless che non cantava più “Animal (Fuck like a Beast)”, ritenuta politicamente scorretta. Io però lo confesso, appartengo anima e cuore al team Megadeth, se guardo cosa ha combinato quest’uomo e come si sono autodistrutti i Metallica non posso che schierarmi nella sua metà campo.

Ho letto che l’album dei Megadeth preferito da Mustaine è “Killing Is My Business” in quanto è quello per il quale ha avuto più tempo a disposizione e che ha potuto elaborare e creare come desiderava, senza il minimo ostacolo. Dopo tutto si è complicato, le cose sono sempre andate più di fretta, i musicisti che suonavano con lui spesso non erano il frutto di una scelta ponderata ma di una necessità stringente, c’erano contratti da onorare, spacciatori da pagare e demoni da esorcizzare. Detto ciò, a me pare che Mustaine abbia spesso dato il meglio di sé quando era sotto pressione, come in “So Far, So Good… So What!”, ma è indubbio che “Killing Is My Business” sia uno dei titoli migliori all’interno della discografia dei Megadeth, senza contare il generoso contributo dato agli anni migliori dei Metallica, perlomeno in termini di riff importati su “Kill’em All” e “Ride The Lightning”, oltre a qualche frattaglia recuperata anche su “Master Of Puppets” (i riff nella parte centrale di “Leper Messiah”).

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Discografia Relativa

  • 1985 – Killing Is My Business
  • 1986 – Peace Sells, But Who’s Buying?
  • 1988 – So Far, So Good… So What!
  • 1990 – Rust In Peace
  • 1992 – Countdown To Extinction
  • 1994 – Youthanasia
  • 1995 – Hidden Treasures (compilation)
  • 1997 – Cryptic Writings
  • 1999 – Risk
  • 2001 – The World Needs A Hero
  • 2004 – The System Has Failed
  • 2007 – United Abominations
  • 2009 – Endgame
  • 2011 – Thirt3en
  • 2013 – Super Collider
  • 2016 – Dystopia
  • 2022 – The Sick, The Dying … And The Dead!

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